TOMMASO CERNO

SIAMO TUTTI DANTE. OGGI SIAMO TUTTI UN PO’ ESILIATI
Tommaso Cerno
28
Ott

TOMMASO CERNO: SIAMO TUTTI DANTE. OGGI SIAMO TUTTI UN PO’ ESILIATI

Ad ANTICOntemporaneo il direttore de ‘L’ESPRESSO’ racconta Dante, il potere e il peccato in una mattinata in cui la Divina Commedia si fa popolare attraverso i vari dialetti.

“In questo casino in cui oggi viviamo, sono convinto che noi tutti abbiamo perso l’Italia, la nostra patria, il nostro futuro, il nostro senso di appartenenza. Oggi siamo tutti Dante, con meno capacità poetiche ma con lo stesso punto di vista, siamo tutti un po’ esiliati.” Con queste parole forti e decise il direttore del settimanale L’Espresso Tommaso Cerno ha sferzato il numeroso pubblico che ha partecipato alla seconda giornata del Festival ANTICOntemporaneo, nell’Aula Magna dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.

Per Tommaso Cerno, autore del libro ‘Inferno. La Commedia del potere’, intervistato dal direttore dell’Inchiesta quotidiano Stefano Di Scanno, “Dante è modernissimo, molto più attuale di poeti e scrittori moderni. Ma attenzione. Solo gli ignoranti dicono che la Divina Commedia è tutta bella. Chi la conosce sa che ha una evoluzione. Dante comincia a scrivere per convincere i Guelfi a farlo tornare. È un po’ una marchetta, all’inizio. E quando si accorge che non succederà, dentro di lui avviene qualcosa. Arriva il quinto canto, che è il vero inizio della Commedia. L’uomo che ha perso la patria diventa, così, il più grande cantore. E Dante mentre scrive capisce già di essere il più grande poeta di tutti i tempi.  Ma oltre all’idea dell’esilio, l’altro punto di vista davvero centrale nella Commedia è quello del reo. Dante scrive sapendo di peccare. Dante scrive non per giudicare ma sapendo di essere giudicato“.

Una mattinata intensa, quella di ANTICOntemporaneo, una mattinata in cui gli organizzatori hanno lanciato una nuova sfida: può la Divina Commedia essere raccontata attraverso il Dialetto?

Il numeroso pubblico presente, soprattutto tanti ragazzi, l’entusiasmo con cui hanno accolto le declamazioni degli attori Luciano Cecchinel, in dialetto trevigiano, Daniel Cundari, in dialetto cosentino, Nino De Vita, in siciliano , Edoardo Zuccato in genovese, accompagnati al piano da Antonio Canino, e alla chitarra da Francesco Loccisano, hanno decretato che ancora una volta, gli organizzatori hanno vinto la sfida lanciata. Il prof. Antonio Marzo anticipando le declamazioni degli attori, aveva esaminato gli autori che “hanno utilizzato un lessico popolare e immagini di vita quotidiana per avvicinare i ceti medio bassi a Dante, tra questi il maestro genovese Giovanni Battista Vico”. Il connubio tra cultura alta e cultura popolare, in questo progetto, dunque, ha trovato la sua sintesi, attraverso il dialetto, ma resta una sfida aperta.

Ma “Dante non è solo un poeta”, come ha ricordato Filippo La Porta, giornalista e critico letterario. “Dante è un invito ad andare oltre se stessi. È un invito a ritrovare una eternità, persino dentro il quotidiano. Dante trasmette quasi una prossimità fraterna nelle sue cadute.”

Ultimo incontro quello con Antonio Fusco, decano onorario dell’Università di Cassino il quale ha affrontato l’argomento “Dante tra coscienza e inconscio.”

Nel pomeriggio in Abbazia, il lancio del progetto “Vite da Chiostro. Una cella d’artista” con lo scrittore Xosè Antonio Neira Cruz.